Monti della Laga

Una classica: da Macchie Piane al Pelone Meridionale passando per Cima Lepri


Una lunga passeggiata in ambienti vasti e solitari, tra alte cime e vallate verdissime dove nonostante il gran secco che dura da tempo scorrono miracolosamente piccoli corsi d’acqua meta del quotidiano pellegrinaggio delle greggi che sono la storia e l’essenza stessa di queste montagne. La salita al Vado di Annibale dal pianoro di Macchie Piane è forse la più classica delle escursioni sul versante laziale della Laga: una volta giunti infatti all’ampia sella - che leggenda vuole abbia visto passare nell’antichità l’esercito cartaginese - si presentano numerose possibilità di salita a quote piuttosto elevate su cime tutte famose, oppure di più semplice girovagare per altopiani tutti sempre molto panoramici. Dal punto di partenza, già ad una discreta altitudine, si seguono i segnavia bianco-rosso a terra semi nascosti nell’erba alta fino a che, poco dopo, il sentiero prende forma e diviene più evidente; si attraversa un boschetto e poi si imbocca un traverso che aggira alla base il Pizzo di Sevo prendendo quota gradualmente, con una vista che si allarga a sud sulle molte creste laterali che scendono verso la conca di Amatrice dal lungo tratto di dorsale che dalla Cima Lepri arriva sino al Monte Gorzano. Salendo quassù al mattino presto nel primo tratto del percorso si rimane lungamente dentro al cono d’ombra proiettato delle montagne che ci sovrastano ma appena si prende quota con il sole si alza sul versante opposto raggi di luce radente fuoriescono dalle creste sommitali producendo formidabili giochi di chiaro-scuro. Il sentiero continua a salire in modo costante e graduale rendendo la camminata tutt’altro che faticosa, lunghi traversi si alternano a cambi di direzione per seguire le “pieghe” della montagna fino a che, attraversato un fosso incassato sul fianco della montagna e percorso un ultimo traverso ad est ci si porta su un piccolo ripiano poco sopra i duemila da cui risultano improvvisamente ben visibili la vetta del Sevo con la sua grande croce, Cima Lepri ed il Vado di Annibale nel mezzo; da quel punto il sentiero con qualche svolta punta deciso in direzione della sella dove si arriva in breve avendo l’opportunità di una prima gradevole sosta contemplativa, magari cercando di immaginare come vuole le leggenda l’incedere dell’immane esercito di Annibale con i suoi elefanti, le truppe e tutto quanto altro al seguito. L’escursione riprende verso sud seguendo i segnavia a terra lungo l’ampia cresta che sale alla Cima Lepri, si supera la quota 2193 dove è il bivio a cui ci si ritroverà di ritorno dal Monte Pelone, si procede con un bell’affaccio sui profondi valloni che scendono ripidi alla nostra destra fino a che non appare sull’orizzonte la piccola croce di vetta che si raggiunge dopo aver attraversato una piccola valletta verdissima e piena di fioriture di tutti i colori. L’arrivo sulla cima di una montagna è sempre un momento liberatorio sia perché segna il termine di una salita spesso faticosa, sia per i panorami che d’improvviso si aprono mentre fino ad un attimo prima erano rimasti celati proprio dietro al punto più alto .. e tutto questo risulta quanto mai calzante per Cima Lepri: per il discreto dislivello superato, e per il suo trovarsi proprio nel mezzo della lunga dorsale che da nord e sud tocca tutte le cime maggiori della Laga sulle quali si ha da quassù un’eccellente visuale. Senza lasciarci tentare dalle quote più elevate, oggi invece andremo ad esplorare una zona un poco più periferica rispetto alla cresta principale N-S della Laga per “salire” sul Monte Pelone (settentrionale): è una cima comunque censita nella lista del Club 2000 metri per la quale il termine salire può apparire non del tutto appropriato dal momento che, quanto meno se affrontata da Cima Lepri, dà più l’idea che sia una vetta su cui di debba piuttosto “scendere”. Il Pelone è ben distinguibile da Cima Lepri per la sua cima piatta proprio alla fine della lunga cresta che scende in direzione nord-est, ed arrivarci camminando a vista per prati e dossi costituisce comunque un bel percorso oltre ad essere un grande affaccio sulla valle degli Stazzi della Morricana; oltre che per le note paesaggistiche, nelle prime ore del mattino si scorgono infatti numerosi greggi che, abbandonati i ricoveri della notte, si avviano al lungo pellegrinare che durerà fino al tramonto e si possono osservare qua e là macchie bianche che si muovono, solo in apparenza lentamente, descrivendo ampie traiettorie dal fondo fino a risalire i pianori sommitali in un moto perpetuo che si ripete da sempre. E mentre si percorre a lungo il crestone d’erba e sassi riecheggiano dal basso i suoni del pascolo: cani che abbaino, pastori che incitano gli animali e che si chiamano da una parte all’altra della valle .. un angolo di mondo per cui il tempo sembra essersi fermato. Così, un pò presi dai bei panorami all’intorno e un pò per le tante riflessioni che inevitabilmente vengono alla mente dopo che da qualche ora si è lasciato l’asfalto immergendosi finalmente nella quiete delle montagne, il tempo passa veloce e con il tempo procede anche il cammino .. ed il Pelone è sempre più vicino; ancora un ultimo tratto di discesa appena più ripida fino ad una sella e poi con un ultimo modesto sforzo si sale anche su questa piccola vettarella da dove si ha una bella prospettiva sulla Cima Lepri e sul percorso appena fatto: il Pelone è il punto più remoto di questa escursione e di ciò ci si rende abbastanza conto guardando in direzione del Vado di Annibale, sotto al Pizzo di Sevo che appare anch’esso ben distante. Per tornare indietro si deve tornare sui propri passi lungo un tratto di cresta già fatto in discesa fino a portarsi a quota 2155 (ometto) da cui sulla destra si nota una traccia che inizia a traversare in piano al di sotto del crinale che sale a Cima Lepri (percorso per scendere al Pelone); la traccia è abbastanza evidente salvo dei brevi tratti in cui si perde sotto l’erba ma comunque la via è sempre intuitiva e resa interessante dall’attraversamento di qualche fosso dove anche oggi, dopo due mesi di gran secco, scorrono ancora dei rivoli d’acqua che assieme ad altri vanno a formare il Rio Castellano. Si prosegue senza perdere quota fino a svoltare in direzione nord-est attraversando due fossi contigui un pò più grandi che scendono giù dal fianco nord di Cima Lepri per poi proseguire puntando nella direzione del Pizzo di Sevo. Poco dopo i due fossi, proprio al lato del sentiero si fa notare un grosso masso erratico di arenaria su cui sono riportate diverse incisioni con iniziali di nomi e date di pastori che nel passato hanno così voluto lasciare un segno di sè e della grande solitudine del loro mestiere: è un piccolo regalo per i nostri tempi, questa semplice testimonianza della vita pastorale che da sempre è stata tra queste montagne. Dopo questo incontro interessante non rimane che proseguire ancora per un pò fino a raggiungere la cresta fatta all’andata per salire dal Vado di Annibale: un ometto ben visibile anche da lontano indica il termine di questo ultimo lungo tratto con cui abbiamo aggirato in basso il versante nord di Cima Lepri ed infatti dopo pochi metri siamo di nuovo in vista della sella sotto al Pizzo di Sevo da cui riprendere il sentiero che porta a Macchie Piane, completando così un’escursione di grande interesse dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Qualche dato sul percorso proposto (carta dei sentieri “Monti della Laga” della SER): la distanza coperta è di poco inferiore a venti chilometri con un dislivello complessivo attorno a 1.300 metri, il tutto lungo sentieri ben segnati alternati a tratti da percorrere a vista ma sempre su terreno facile